Sepúlveda, addio a un maestro del ‘900

Addio a Luis Sepúlveda, grande autore della letteratura americana, colpito dal Coronavirus.

La scomparsa di Luis Sepúlveda, appena settantenne, si aggiunge al tragico elenco degli scomparsi a causa del Coronavirus, lasciando un grave vuoto nella scena della letteratura mondiale. Nato il 4 ottobre 1949 in Cile da una famiglia molto impegnata politicamente, con posizioni vicine all’anarchismo, assorbe fin da piccolo questo clima assieme ai grandi autori della letteratura mondiale, specialmente quella caratterizzata dai grandi temi dell’avventura. Cervantes, di cui si considererà un discepolo, riprendendone la lezione fondamentale dell’ironia.

I grandi come Melville, Conrad: ma anche il nostro Salgari. Si iscrive giovanissimo alla gioventù comunista, e inizia anche l’attività giornalistica, con “Clarin”. Nel 1969 vince una borsa di studio per l’università sovietica a Mosca con la sua prima raccolta di racconti, ma viene presto espulso per la sua insofferenza all’ortodossia di partito. Al suo ritorno in patria inizia una serie di viaggi in tutto il sudamerica, dove partecipa alle rivolte che caratterizzano quel tumultuoso periodo: in Bolivia è nell’esercito di liberazione nazionale, e al rientro in patria si avvicina al presidente cileno Salvador Allende, di posizioni progressiste.

Sepúlveda

Col golpe di Pinochet (1973) viene incarcerato e torturato: liberato sotto pressione di Amnesty International nel 1977, lascia il Cile per l’Ecuador, dove vive a lungo in contatto con gli indios. Nel 1978 combatte con le brigate Bolivar in Nicaragua, per trasfersi in Europa alla soglia degli anni ’80: qui orientò il suo impegno anche sulle tematiche ecologiche, dopo il contatto con Greenpeace (1982). La sua carriera letteraria inizia sulla fine degli anni ’80, quando ormai, finita la dittatura fascista, può anche tornare in Cile (anche se, dal 1996, risiede in Spagna, dove l’ha colpito l’attuale Coronavirus). Il primo è “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” (tradotto in Italia nel 1993), ispirato in parte anche alle sue esperienze presso gli indios – il vecchio protagonista ha invece il nome significativo di Bolivar.

Sepúlveda

“Il mondo alla fine del mondo”, sempre del 1989, è di tema ecologico, legato alla caccia alle balene (e il titolo si presta a una rilettura inquietante in questi tempi terribili). “Un nome da torero” (1994) è un interessante esperimento di noir, replicato poi nel 1996 in “Diario di un killer sentimentale”, “Patagonia express” (1995) un diario di viaggio di Sepúlveda ispirato alle sue avventurose esperienze. Un ancor più grande successo giunge nel 1996 con “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, che lo fa conoscere al grande pubblico, anche di fuori della cerchia dei lettori forti. Una favola moderna, in grado di parlare sia al pubblico infantile che a quello adulto: una sfida difficile, in cui pochi grandi scrittori si sono cimentati con successo.

Sepúlveda

Nel 1998 divenne anche un film di animazione italiano di Enzo D’Alò, “La gabbianella e il gatto”, che contribuì ancor più a tale celebrità pop (con l’occasione di questo film anche l’Unione parla per la prima volta di Sepúlveda, con nuovi approfondimenti più letterari negli anni 2000). “Incontro d'amore in un paese in guerra” (1997) si ambienta negli scontri in Nicaragua, vissuti ai tempi dall’autore in prima persona. Negli anni 2000, pur proseguendo con l’attività letteraria, Sepúlveda si cimenta anche col cinema. Sceneggiatore del suo romanzo “Il vecchio che leggeva romanzi d'amore” per la regia di Rolf de Heer, nel 2002 è regista in “Nowhere”, e poi nel documentario “Corazonverde”. Con la diffusione di internet, gli interventi giornalistici di Sepúlveda sono raccolti, anche, su un blog de Le Monde Diplomatique, aggiornati fino a poco prima la sua scomparsa. Un vuoto pesante per la cultura mondiale, in quest’epoca oscura che ci circonda.
http://www.lemondediplomatique.cl/-carne-de-blog-

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