La Regione Piemonte vuole fare causa a "Report"
Non si è ancora spento l'eco del servizio della trasmissione "Report", andato in onda su Rai 3 lunedì sera, anzi, la Regione Piemonte mercoledì sera ha preannunciato che ricorrerà alle carte bollate. Piccolo riepilogo: tra i temi della puntata c'era la situazione della nostra Regione nell'emergenza coronavirus tra, secondo l'inchiesta, «diagnosi non fatte, tamponi persi, server intasati». Il servizio si è focalizzato soprattutto sulla diffusione del covid nelle aree alessandrine e astigiane, dove il contagio è realmente esploso infettando migliaia di persone e decine di operatori della sanità pubblica. Sotto la lente della trasmissione è finito anche l'operato di Mario Raviolo, che fino a metà marzo era a capo dell'Unità di Crisi del Piemonte, oltre al caso delle e-mail "disperse" con le segnalazioni dei medici di base. Passata la prima ondata di reazioni politiche ora l'amministrazione Cirio è pronta ad andare oltre e prepara gli atti per tutelarsi in giudizio contro gli autori della trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci.
Il servizio su Rai PLAY è disponibile A QUESTO LINK
La regione Piemonte prepara gli atti per tutelarsi contro Report
«La Regione Piemonte si rammarica dell’operato dei responsabili della trasmissione Report, andata in onda lunedì scorso su Raitre – si legge nel comunicato ufficiale –, non avendo fornito una rappresentazione della gestione dell’emergenza coronavirus in Piemonte corrispondente a quanto emerge dalle interviste e dalla documentazione filmata registrata. La Regione non nega che vi siano anche criticità, ma, come emerge da punti di seguito evidenziati, la Regione deve sicuramente ricorrere allo strumento giudiziario per la tutela della propria immagine e dei propri interessi gravemente lesi. Ad esempio, dalle immagini relative al bar dell’ospedale di Alessandria, questo è presentato come luogo potenzialmente fonte di contagio per la presenza di una attigua sala di attesa, dove stazionerebbero pazienti sospetti covid. E’ sufficiente un sopralluogo per accertarsi che non esiste alcuna sala d’attesa e che per i pazienti covid vi sono percorsi dedicati che non intersecano mai percorsi di personale e pazienti non covid. La ricostruzione fornita sull’acquisto delle mascherine Miroglio è errata. Non è esatto che non avrebbero certificazione, invece sono prodotte in conformità all’articolo 16 del Decreto legge “Cura Italia”, oltre ad essere testate e certificate ad uso sociale in ambito nazionale e internazionale. Parimenti inesatto affermare che le mascherine Miroglio “non sono mai arrivate”. Sono state invece consegnate a centinaia di migliaia all’Unità di crisi (le prime 500 mila donate a titolo personale da Giuseppe Miroglio, azionista del Gruppo) e successivamente distribuite a Comuni, associazioni del Coordinamento regionale della Protezione civile, Amministrazioni statali (Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco…) e medici di base (unitamente a quelle chirurgiche). Parlare di un “pasticcio piemontese”, così come si cita nel titolo della trasmissione, a giudizio della Regione, è un discutibile espediente mediatico, che confonde atti prodotti da Uffici periferici delle Asl, sui quali l’assessore non poteva avere conoscenza diretta, con gli atti prodotti dall’Unità di crisi su questioni di fondo di primaria importanza, come le norme sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Miscelare atti prodotti da enti diversi, come avessero una unica genesi, è una travisazione della realtà. A ciò si aggiunga che le risposte verbali e scritte alle domande, puntualmente fornite dagli intervistati, sono state utilizzate dagli autori della trasmissione Report parzialmente, tanto che i telespettatori non hanno avuto la possibilità di farsi un’idea obiettiva delle tematiche affrontate».
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