di LAPIS
Le vacanze natalizie quest’anno coincideranno con la disconnessione dai nostri iperattivi strumenti informatici, che, come è noto, negli ultimi mesi hanno sostituito la didattica in presenza. Se c’è un lato positivo in questa storia, è che, per la prima volta da quando insegno, i docenti sono insigniti di tanta importanza e popolarità. Chissà perché fino a prima della pandemia erano spesso figure sbiadite, talvolta svalutate, quando non addirittura considerate inutili. Ebbene, oggi, pare si sia scoperto che sono insostituibili. La cosa, ovviamente, non può che farci piacere, benché tale riconoscimento sarebbe stato gradito anche pre-pandemia. Ma, tornando alla didattica, siamo tutti d’accordo che l’educazione dei nostri allievi non può essere pura trasmissione di nozioni via etere, bensì un percorso umano possibile solo con la relazione docente-discente; insomma, che la scuola abbia senso se in presenza, è talmente ovvio che è superfluo, se non inutile, continuare a ripeterlo. Tuttavia la DAD è stata (e per ora è, speriamo per poco) una fortunata alternativa a quel “nulla” che sarebbe stato se la tecnologia non ci fosse venuta incontro. Vale anche la pena ricordare che, laddove la tecnologia non riesce a sostituire la didattica, come, per esempio, nei laboratori pratici, fondamentali in molti Istituti superiori, si è provveduto a far sì che questi potessero esser attivati in presenza e in totale sicurezza. Vale inoltre la pena ricordare che laddove si renda necessario per gli studenti usufruire delle aule scolastiche per qualsiasi singola esigenza, la scuola è aperta e accessibile. Da docente, condivido con i miei colleghi la preoccupazione per gli effetti collaterali della DAD. Ma sono altrettanto consapevole che, quando una condizione è necessaria, sono inutili le lamentele e le polemiche. Anzi, sono anti-educative. Mi ispiro alle parole di Massimo Recalcati che invita e non cedere ad assecondare la “generazione covid”, fatta di giovani che si sentono vittime di danni irreparabili; allievi e genitori che pensano di non poter sostenere la fatica di un anno di mancanze che potranno, con la volontà di tutti, essere recuperate; fatta di giovani e meno giovani che preferiscono il lamento alla resilienza, di adolescenti e adulti che non vogliono fare i conti con una situazione che li mette in difficoltà ma, proprio per questo, li invita a crescere, a farsi carico di percorrere una strada in salita perché il momento lo richiede a tutti. Nessuno vuole togliere ai ragazzi il diritto alla scuola. La guerra, se di guerra vogliamo parlare, la si faccia al virus. E senza abbassare la guardia, come è accaduto in un’estate di triste memoria.