L’Isola delle rose: il sogno di uno stato impossibile.

È tornata di attualità, grazie a un film Netflix, la storia della micronazione costruita dall’ingegner Rosa nel 1968. Ai tempi ne parlò anche l’Unione...

Un film su Netflix, "L'isola delle rose" di Sydney Sibilia, sceneggiatura di Francesca Manieri, ha reso di nuovo attuale una storia curiosa del nostro passato.   Dal 1966 al 1968 il visionario ingegner Giorgio Rosa, brevettando un suo sistema per la posa di pilastri, aveva creato un'isola artificiale poco oltre i confini marittimi dell’Italia,  per farne uno stato indipendente con l'Esperanto come lingua, il Mill come moneta (cambio a pari con la Lira), varie emissioni di rarissimi francobolli e prospettive libertarie. Il governo Leone, allora in carica, si oppose con durezza, in particolare il ministro degli interni Taviani (verso cui Rosa ebbe parole durissime), nel film sostituito chissà perché con Restivo, che gli subentrò solo in seguito, e nel 1969 l’isola fu distrutta con cariche esplosive. La costituzionalità dell’atto era discutibile, ma il timore, pare alimentato dai servizi segreti USA, era di una possibile sponsorizzazione sovietica (dell'isola, o di successivi esperimenti simili, a seconda delle versioni), per creare una sorta di Cuba missilistica artificiale (la celebre crisi era recente, del 1963). In seguito all'Isola, pare, i confini marittimi vennero ampliati da 6 a 12 miglia nautiche, proprio per scoraggiare nuove fondazioni. Ridotto da alcuni a faccendiere, e esaltato da altri come eroe libertario, l'ingegner Rosa avrebbe tra l'altro partecipato diciottenne alla RSI, poi disertando (stando a Marco Imarisio sul Corsera del 28/7/2009): dopo la distruzione dell'isola creò un ultimo francobollo con la scritta "Hostium Rabies Diruit" (“Distrusse la rabbia dei nemici”) ripresa da una serie di francobolli della repubblica di Salò che ricordava i monumenti distrutti dagli Alleati. Anche se ai tempi l’MSI ebbe toni duri, in un’interrogazione parlamentare, contro l’autoproclamato “stato-burletta”. Da destra si è così talvolta visto in Rosa un libertario sì, ma sulla scia della esperienza della Fiume dannunziana. Il film di Sibilia pare accogliere tra le righe tale tesi, dato che (in modo non storico, ma simbolico) fa inviare l'Andrea Doria, usata già per cannoneggiare D'Annunzio e i suoi nel Natale di Sangue del 1920.  Rosa resta quindi una figura quindi complessa, con una nuova fiammata d’interesse dal quarantennale dell’impresa: ritrovamento subacqueo delle macerie dell’Isola, un documentario, un libro di Veltroni e oggi questo film. Rosa è scomparso, ma il sogno delle micronazioni, minuscoli David tra potentissimi Golia, rimane ancora.

Anche Unione Monregalese si era occupata del caso: ecco l'articolo dell'epoca

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