Lo studio dei Tarocchi nasce a Mondovì

Nel ‘500, l’erudito Francesco Piscina crea il primo saggio al mondo ad esaminare i segreti degli Arcani Maggiori.

Tra i numerosi primati culturali monregalesi ve ne è uno che è al contempo sorprendente e poco noto. Nel 1565, infatti, presso l’Università monregalese il dotto Francesco Piscina tenne una dissertazione sui Tarocchi che è ritenuta il primo studio effettuato al proposito, che venne poi stampato sempre a Mondovì nel 1570, presso la tipografia del Torrentino. Il Piscina era giovanissimo, appena ventenne, quando compose il saggio, che analizza oltretutto i Tarocchi avviando la fortunatissima tendenza a leggerli come un possibile cammino iniziatico. Il Piscina studiava a Mondovì legge sotto il Menocchio, all’epoca giurista insigne e di fama nazionale. La dissertazione sui tarocchi è dedicata al rettore dell’Università, Rinaldo Ressano da Pinerolo. Il Piscina offre una interpretazione morale della scala formata dagli Arcani Maggiori, leggendoli come un ammonimento verso chi si avvicini ai Tarocchi che, partendo dalla follia del Matto, colui che si allontana dalla retta via segnata dai filosofi antichi e certificata dalla fede cristiana, porta il consultante fino al Paradiso Terrestre tramite la scoperta di una serie di messaggi etici presentati in forma iconografica. Nonostante il perdurare di un culto carsico dei tarocchi nelle corti italiane, dov’erano nate, e all’estero, in particolare in Francia, per una interpretazione apertamente esoterica dovremo attendere il ‘700 e l’occultista Etteila, nome d’arte del barbiere Ailette (il nome iniziatico è il vero nome rovesciato), il quale nel 1770 rilegge i tarocchi alla luce della dottrina dei quattro elementi e dei quattro umori, associati ai quattro semi delle carte, sviluppando anche connessioni con l’astrologia. Antoine Court de Gébelin, poco dopo, ne sostenne l’origine egizia (1781), identificando corrispondenze con alcune rappresentazioni delle varie divinità e immaginandoli come la sopravvivenza dell’antico libro di Toth. Eliphas Levi, nell’800, tornò a indagarne l’origine dalla tradizione biblica, già evidenziata in alcuni passi dal nostro Piscina. La stessa idea di “arcani”, maggiori e minori, usata per le carte, rimanderebbe ad “Arca”, l’Arca dell’Alleanza che i tarocchi verrebbero a costituire, con 22 arcani maggiori che riecheggiano le 22 lettere ebraiche (e le 22 connessioni che si diramano tra le 10 sefiroth della cabala). Ai primi del ‘900, uno dei due padri della psicanalisi, Jung, vide nei tarocchi una via efficacissima di approccio ai grandi Archetipi: la loro consultazione cartomantica diveniva così una sorta di antesignana della psicanalisi, spingendo il consultante a confrontarsi con simboli potenti e significativi. Su questa linea per certi versi si può porre lo studio di Jodorowski, forse il più insigne tarologo attuale (oltre che regista, romanziere e autore di fumetti di prim’ordine). Insomma, i Tarocchi esercitano da sempre una potente fascinazione sull’uomo: e questa fascinazione nasce da Mondovì. Magari, in vista di tempi più propizi, potrebbe essere un’idea trovare uno spazio, nel Museo della Stampa monregalese, per questa eccellenza in grado di esercitare un possibile fascino su futuri visitatori. Del resto, una carta importante e terribile, la Torre, non richiama anche visivamente il luogo che più di tutti rappresenta la nostra città?

 

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