Cosa resterà di quegli altri Ottanta

A quarant’anni, cosa ne è dei ragazzi dello zoo di Berlino, il lato oscuro degli anni ’80?

Gli anni ’10 che ormai ci siamo lasciati alle spalle hanno visto, oltre il resto, un grande amarcord degli anni ’80, visti come un decennio di prosperità e spensieratezza, nel segno dell’edonismo reaganiano. Ma ci sono anche “gli altri ‘80”, il lato oscuro che si cela in ogni periodo storico sotto il brillare delle paillettes. E il lato oscuro degli ’80 ha al centro l’eroina. Nata nel 1874, risintetizzata da Hoffmann nel 1897 (non quello dell’LSD, e nemmeno quello del Sandman), la Bayer la commercializzò nel 1899, e rapidamente sostituì l’oppio ottocentesco. Gli USA la proibirono nel ’25, col proibizionismo alcoolico, e gli altri Stati seguirono (ultimo il Portogallo, nel ’62). Negli anni ’70, prodotta nel triangolo d’oro indocinese, veniva sintetizzata poco al di là delle Alpi, a Marsiglia, e col finire degli anni ’70 era ormai una piaga sociale di massa. E nel ’75-’77 è ambientato il romanzo di Christiane Vera Felscherinow, “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino” (1978: anche se nell’originale Bahnhof Zoo è la fermata della metro) che racconta delle sue traumatiche esperienze da adolescente – nel periodo del racconto, ha tra i 13 e i 15 anni – tra il padre violento, la dipendenza, la prostituzione per procurarsi le dosi. Sarà però soprattutto il film del 1981, del regista Udi Edel, colonna sonora di Bowie, a rendere celebre (e, in parte, a banalizzare) il romanzo a livello internazionale, accompagnandosi qui da noi alla sua traduzione italiana. Col nome di Christiane X, l’autrice tenterà poi una carriera nel cinema e nel mondo musicale, andando però nell’oblio col finire degli ’80, ricadendo a tratti nella sua dipendenza. In questo quarantennale Amazon Prime Video ha realizzato un nuovo adattamento in serie tv del romanzo, mentre Netflix ricorda invece, con una docufiction, la nascita della comunità di San Patrignano di Muccioli (proprio nel 1978 del romanzo: le querelle giudiziarie iniziano nel 1980). La serie è stata fortemente contestata dalla comunità, ma in ogni caso mostra l’importanza del tema nel dibattito di quegli anni. “L’Unione” dell’epoca non parla del romanzo: recensisce sobriamente il film in occasione della prima tv, nel 1991. Interessante annotare, inoltre, come il 1º maggio 1986 si riporti di una visita guidata del PLI di Mondovì alla comunità, con l’on. Raffaele Costa, che si distinse in quegli anni nell’attività di contrasto alla tossicodipendenza.
Sulla droga in generale, invece, un primo editoriale di Bruno Baracco, è del 13/9/1979, in cui si diceva: «In questo contesto, l’ipotesi di semiliberalizzazione della vendita della droga prospettata dal ministro della Sanità (Altissimo) potrebbe raggiungere, viste anche le polemiche che ha creato, un primo risultato non trascurabile: mettere in moto i meccanismi dello Stato in ordine alla complessa problematica e riproporre nuovamente con vigore all’opinione pubblica l’importanza di interventi non episodici e soprattutto non delegati solamente ad “addetti ai lavori”». A distanza di quarant’anni, il dibattito verte ancora su questo punto rispetto al quale non si sono fatti particolari progressi rispetto ad allora.

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