C’è il lago con le oche, un laghetto più piccolo per le rane, che quando scende sera attaccano con la loro inconfondibile sinfonia, le piante novelle, tavoli e anche una capanna per l’avvistamento degli uccelli. È il “Parco di Gisella”, un piccola oasi verde ai Ronchi di Carrù, nata dall’idea di Aldo Cavarero nel ricordo della sua Gisella Filippi, portata via da un brutto male quattro anni fa. Erano sposati da 37 anni e lei se n’è andata qualche mese prima di compierne 60. Questo 2 giugno l’area è stata inaugurata e benedetta dal parroco don Domenico Prandi. Tutto intorno i tanti amici e partecipanti alla camminata con gli asini che, tradizionalmente, l’Associazione “Amis dij Ronch” organizza in quella data.
Si sono sciolti in un lungo applauso, quando il trombettista Giancarlo Pecchenino ha suonato l’inno d’Italia e quando, subito dopo, Valerya e Olexandra hanno liberato in cielo le colombe. Sono due sorelline, di 8 e 6 anni, fuggite dalla guerra in Ucraina e da un mesetto ospitate presso una famiglia carrucese. Sentono la mamma ogni due giorni al telefono, perché lei è rimasta a Borzna, la loro cittadina nel nord del Paese. Il loro è un piccolo gesto di pace, tanto leggero quanto significativo, in mezzo alle bandiere tricolori italiani e a quella ucraina.
I bimbi delle Scuole, poi la proiezione di Remo Schellino
Il “Parco di Gisella” si raggiunge, provenendo da Carrù, con la prima svolta a sinistra che si trova su via Trinità, subito dopo aver superato la “Nicoletta”. I carrucesi la conoscono come la via in cui si trova l’ex capannone della “Carrozzeria artigiana”. «Il “Parco” è un’area privata, ma aperta a tutti», ci spiega Aldo. «Per merendine, per chi vuole venire di prima mattina a farsi una passeggiata, per le visite delle Scuole o per gli anziani. Il 7 giugno arriveranno i bimbi della prima Elementare, il giovedì 7 luglio, invece, alle 21 Remo Schellino proietterà qui il suo ultimo documentario “Stare al mondo”, incentrato su sette donne delle nostre zone».
La casetta di legno vicino al lago funziona anche come una sorta di “osservatorio”: «Dentro ho sistemato una panca, una sedia e dei quaderni. Dalle feritoie è possibile osservare gli uccelli senza farsi vedere da loro. È come se fosse una piccola oasi: in tutto sono circa 2 giornate di terreno, oltre 8mila metri quadri. Ho piazzato una recinzione con i pali, non per chiudere fuori, ma per “raccogliere” all’interno. E poi ho piantato alberi novelli: quercia, betulla, gelsi per fare da bosco. Devo ringraziare i tanti amici e parenti che mi hanno aiutato». Di sopra sorge il “ciabot” rimesso in sesto nel 2019, a un anno dalla scomparsa di Gisella. Poi l’idea si è ampliata al giardino e, ora, al parco. Un vero e proprio “regalo” di Aldo al paese: fatto di attenzione, cura, ordine e bellezza. In una parola, amore.