Le novelle del male: Agadah

Masche e demoni in un viaggio cabalistico tra sogno e magia, un incontro tra Boccaccio e il cinema horror nel film di Alberto Rondalli

TRAMA

1734 il giovane capitano delle guardie vallone Alfonso van Worden è in viaggio verso Napoli, mentre attraversa l’altopiano delle Murgie cominciano gli incontri dal vivo e nel sogno con donne tentatrici e presenze demoniache.

La parola Agadah deriva dalla terminologia cabalistica e significa narrare, ed è proprio una narrazione cavalleresca quella che nasce dalla serie di racconti ottocenteschi di Jan Potocki, raccolti in “Manoscritto trovato a Saragozza” da cui il film è liberamente tratto, e che vedono come protagonista il capitano delle guardie vallone Alfonso van Worden: temporeggiatore e staffettista involontario del macabro, egli è infatti il collegamento esile tra gli episodi della vicenda di cui esso è fruitore, dispensatore e tramite, storie che spaziano tra fantasy, erotismo, mistero e terrore. Tra le principali differenze col romanzo troviamo la collocazione geografica, Le Murgie pugliesi in sostituzione dei Pirenei e il numero delle giornate della vicenda che scendono a dieci, possiamo quindi paragonarlo ad una sorta di Decamerone horror, ma da Boccaccio al lavoro di Potocki sono trascorsi quasi 5 secoli, più altri due per giungere al lavoro di Rondalli, in questo lasso di tempo sono apparsi “I racconti del terrore e del grottesco” e “I racconti del mistero e dell’incubo” entrambi di Edgar Allan Poe, che hanno influenzato indelebilmente tutta la narrativa della paura e del sovrannaturale, come nel cinema il tema cavalleresco ha rappresentato una grossa fetta del genere d’avventura, che con Mario Monicelli ha vissuto la sua stagione più felice, senza mai passare del tutto di moda, vedendo col  recente” Il racconto dei racconti” (regia di Matteo Garrone) un nuovo ulteriore slancio. Proprio la pellicola di Garrone ricorda molto da vicino “Agadah”, i due film condividono negli episodi le atmosfere macabre, l’eros, e la sottile ironia, impattando con un fantastico raccapricciante, c’è molto anche dello stile di Paolo Sorrentino, a cominciare dall’uso delle musiche, qualcosa di più un accompagnamento, e il muoversi della cinepresa all’interno degli spazi: capace di aggirarsi sulla scena portando per mano lo spettatore all’interno dei singoli racconti, aiutando la parola ascoltata in sottofondo a divenire la materializzazione della storia.

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Il film vanta un’ottima qualità tecnica e una sceneggiatura assai spigliata e brillante, i personaggi incontrati forniscono diversi momenti di ilarità permettendo di mantenere un tono più leggero, ed ecco che troviamo: il geometra che improvvisa formule matematiche per spiegare il sentimento umano, l’adescatore di dame bestemmiatore e spergiuro, il padre che si lascia ferire in duello solamente per mantenere intatta la costumanza; in una trama che vive soprattutto sulle paure, nelle creature che sviscerano nella notte, e nei demoni che le possiedono. La serie di racconti sono in realtà parte di un percorso di formazione che coinvolge il protagonista nel suo ruolo di rappresentante del genere umano, che con l’accrescersi della propria esperienza e conoscenza aumenta però di pari passo anche l'angoscia e la paura per quello che non ha ancora compreso e razionalizzato, allontanandosi così inevitabilmente da Dio, in un associazione che lo accomuna a Lucifero, ecco dunque che l’uomo viene a scontrarsi con la consapevolezza del proprio intelletto e cognizione, che lo tengono però lontano da una fede in grado di proteggerlo e rassicurarlo; ma se la trama abbraccia quasi tre secoli di storia, quelli in cui l’uomo ha intensificato le sue scoperte scientifiche, il suo paragone col percorso di crescita di una singola persona può essere paragonato ad una fase della sua vita, ribelle e smaniosa, ma ancora distante dal doversi completare.

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