Alfabeto di sbadanza: C come Casa

Ladies and Gentlemen, il terzo appuntamento con l'Alfabeto di Sbadanza di Nicola Duberti. Stavolta alle prese con una delle parole più familiari, quotidiane, rassicuranti del nostro vocabolario. Casa.

There’s no place like home, cantavano gli Industry nel 1984. Ero un quindicenne, all’epoca. Non potevo immaginare che il ritornello di una banale canzone dance stile 80 mi sarebbe tornato in mente più di trent’anni dopo  - e non in modo occasionale, così, una volta tanto, che ti viene in mente mentre sei in fila alla cassa del discount e non ci pensi più: no, no, ormai per me è diventata un’ossessione, questa frase There’s no place like home.

Soprattutto quando sono a Casa di mia madre. Non c’è nessun posto come Casa propria, per un vecchio o una vecchia. Anche se la Casa in realtà cambia forma. Non è più la stessa Casa di prima della malattia. Non è più la Casa che la vecchia percorreva a passi lenti e incerti quando ancora non era invalida. I muri, va bene, sono rimasti gli stessi  - la tappezzeria anche, da vent’anni, perché non ci sono soldi per cambiarla. Ma il resto è tutto diverso. I mobili svuotati e riempiti di medicinali. Ogni  spazio vuoto occupato da letti ortopedici, montascale, sollevatori, sedie a rotelle, piantane porta flebo, girelli ormai inutili ma psicologicamente fondamentali perché un’invalida che non si rassegna al destino proverà comunque disperata a usarli, almeno una volta – e bisognerà  essere pronti, vicini, in agguato con una sedia a rotelle di emergenza prima che la vecchia precipiti a terra sfracellandosi urlante. Ecco, questo è Casa quando sei invalida, e vecchia – e non solo questo è Casa.

Casa è sinonimo di Badante, perché della Badante la Casa è il Guscio, la Corazza, il Bozzolo, la Prigione, lo Scrigno. Nel mio caso è impossibile trovare una Badante Fissa (mitico miraggio delle mie ricerche, che neanche la Queste del Sacro Graal!) – quindi Casa è parola meno pesante, perché Casa è Casa solo di giorno (per una Badante) o solo di notte (per l’altra Badante). Ma Casa è parola pesante per me, che subentro loro nei weekend – ed è parola pesante per la vecchietta, mia madre, che maledice l’universo finché sta in Casa e non vede l’ora di uscire dagli Arresti Domiciliari.

Ah, certo, dimenticavo: Domiciliari viene da Domus, che era il modo in cui la Casa si chiamava in latino. Domus si chiama ancora in sardo (sì, va beh: domo in logudorese e domu in campidanese) ma per il resto le lingue neolatine usano un derivato di casa(m) che in latino veramente doveva indicare una specie di capanna: casa in spagnolo, gallego, portoghese; casă in romeno; cjèsa in ladino; cjase in friulano; ca in piemontese, cuosa nel defunto dalmatico. In francese casa(m) si è trasformato in una preposizione, chez, che in origine voleva dire ‘a casa di’. Per indicare la casa, i francesi (ma anche molti occitani) usano un derivato del latino mansione(m) ‘posto dove si rimane’, cioè maison, misoun, e così via.

Maison de retraite coerentemente è quello che noi italiani chiamiamo Casa di riposo, cioè l’altra possibile declinazione del termine home quando sei vecchio e invalido. In italiano per la verità il termine è un po’ più inquietante: se il francese retraite, come il piemontese artir fa pensare alla pensione e al ritiro del lavoro, il termine riposo sembra evocare una requie di lunga durata - quindi riecheggia cinicamente l’eterno riposo. Il riposo, il buio, il regno dell’ombra.

Quando sei vecchio e malato e hai la Badante, infatti, la Casa lascia entrare meno sole di prima – e le ombre si allungano. Sarà che nessuno trova il tempo di cambiare le tende. Sarà che le tapparelle si lasciano giù più spesso. Saranno le scatole di cartone con i pannolini e le traverse. Sarà che le lampadine nuove non fanno più luce come quelle di una volta.

Non c’è da stupirsi. Non c’è da spaventarsi. Basta invocare l’intercessione dell’etimologia. Secondo Ottorino Pianigiani, giurista e lessicografo ottocentesco, la parola Casa viene dalla radice indoeuropea *ska/skad che indica ‘un luogo riparato, protetto dal sole, in ombra’. La stessa radice del greco skiá e dell’inglese shade. L’uno e l’altro con lo stesso significato: ‘ombra’. E direi che a questo punto non c’è altro da aggiungere.

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