Purtroppo c’è ancora tanta strada da fare. Ed è davvero sconcertante che in questo ritardo sia anche coinvolta la comunità cristiana. Sì, vanno fatti dei passi decisi e delicati. Altrimenti c’è solo da… chiudere baracca. Infatti, in occasione del Giubileo di portatori di disabilità, è stato ancora una volta Papa Francesco a usare parole senza sconti, là dove si registra insopportabile discriminazione. Anche tra credenti. Rispondendo a Serena, una ragazza con disabilità, che chiedeva ragione delle difficoltà che talora si incontrano a veder aperte le porte della Chiesa a chi è appunto diversamente abile, Jorge Bergoglio si è quasi… lasciato andare, usando espressioni forti, citando “una delle cose più brutte che ci sono fra noi: la discriminazione!”. E guai all’eventualità che questa mentalità si sedimenti nella Chiesa! Sarebbe un disastro. Papa Francesco ha invitato bruscamente i parroci, che cedessero a questa deriva, immaginando una comunità esclusiva per chi si assomiglia, a chiudere le porte delle loro chiese. Non c’è spazio per questo cristianesimo che distingue gli uni dagli altri. “O tutti o nessuno, in chiesa!”. Non si scappa dall’Evangelo. Non ci sono ragionamenti altri che tengano. Indubbiamente stupisce che oggi, nella Chiesa del terzo millennio, possano ancora rintracciarsi queste storture. Beh, le ombre – lo sappiamo – fanno sempre fatica a diradarsi. Forse basterebbe ricordare che il movimento internazionale di “Fede e Luce”, per creare una rete di amici che si affianchino alle famiglie ove vivono disabili gravi e gravissimi, nell’intento di intessere legami gratificanti, di sostegno, di convivialità, perché a nessun portatore di handicap ed alla sua famiglia sia precluso nulla di quanto c’è di bello o di consolante d’attorno, nacque dal cuore e dal coraggio di Jean Vanier, dopo che due genitori si erano visti poco accolti anzi pressochè respinti da un pellegrinaggio diocesano a Lourdes agli inizi degli anni ’70, mentre volevano portarvi i due figli segnati dall’handicap. Ora questo movimento è presente in oltre settanta Paesi nel mondo. E la comunità che ad esso si ispira, a Mondovì, ha uno slogan “Guida la tua guida”. Cioè, il portatore di handicap fa da guida a chi si rende disponibile a… guidarlo. Cioè lancia messaggi di valore, su ciò che conta per davvero nella vita, mentre si è immersi nella società dell’efficienza, dell’apparenza, del luccichio, del gossip, dello sfizio, delle banalità… La disabilità del fratello suggerisce pensieri alternativi, rispetto ai canoni delle ribalte che spopolano. Papa Francesco su questo ha insistito a più non posso: “C’è da capire l’amore, c’è da capire come essere amici, c’è da capire le differenze, c’è da capire come le cose sono complementari, come uno può dare una cosa e l’altro può darne un’altra. Questo è aiutare a capire”. Insomma guardare la vita con gli occhi di un disabile cambia un po’ tutto. E fa solo bene.
Disabilità da riscrivere: “Guida la tua guida”
Purtroppo c’è ancora tanta strada da fare. Ed è davvero sconcertante che in questo ritardo sia anche coinvolta la comunità cristiana.