Arrivare a 20 anni di carriera, poco più che quarantenne, e dare la sensazione di non volersi ancora fermare nel proprio percorso artistico. Questo pensiero Carmen Consoli lo sintetizza nella conclusione del suo live di Torino, quando saluta e ringrazia il "suo" pubblico, quello che le "permette di fare questo lavoro" da così tanto tempo. Il nuovo tour che l'artista ha lanciato da Torino e che la vedrà girare, più che in Italia, prevalentemente per l'Europa, restituisce un'artista oramai affermata, che ha saputo intercettare nel corso del tempo un pubblico numeroso, ma che non disdegna di concedersi il privilegio di provare, all'interno di un percorso artistico pop, di cercare strade non sempre battute, o, per lo meno, che di primo acchito potrebbero non sembrare le più facili.
La sensazione è quella di avere a che fare con un'artista a tutto tondo che ha voglia di sperimentare e non stupirebbe prima o poi vederla cimentarsi con la propria cultura e la propria tradizione, un po' come in passato fecero altri artisti: vengono in mente i percorsi fatti da Teresa De Sio con la cultura napoletana, dalla ex C.S.I. Ginevra Di Marco con tutta la tradizione popolare (italiana ed europea) o dal conterraneo Cesare Basile. Come si era già potuto intuire dal set di Collisioni in cui aveva condiviso il palco con Gazzè e Silvestri, l'artista catanese ha pensato (non avendo nuovi album di inediti in uscita) di dare un nuovo taglio ai propri brani, lavorando in riduzione, una veste più leggera, se vogliamo anche più scarna, acustica.
Con la sua chitarra a tracolla, una versione altrettanto ridotta della base di archi (un violino e un violoncello), questo trio al femminile regala al pubblico un'ora e mezza (abbondante) di viaggio nelle canzoni della Consoli, dalle più recenti ai brani che l'hanno portata alla ribalta del grande pubblico; l'apertura è costruita su un tris di brani che segue questo spirito da Sulle Rive di Morfeo, Parole di Burro e Era il Giorno del Mio Matrimonio. Contessa Miseria e Geisha sono stati invece i brani più datati meglio riusciti: la cantautrice etnea, specie nella prima parte del live, ha espresso tutta la sua vena e il suo amore per il rock, pizzicando le corde della sua acustica, muovendosi lungo il manico in certi momenti come fosse un basso a dare l'incedere sincopato del ritmo e il funk dei suoi brani, abbandonandocisi ad rapporto diretto ed esclusivo, a beneficio del pubblico del Teatro Colosseo.
Quello che la Consoli fa attraverso le sue canzoni e, nella seconda fase del live, servendosi anche di alcuni aneddoti (un ricordo del padre o la sua prima raccolta delle olive) è il racconto di un quotidiano, che per forza di cose è andato modificandosi nel tempo, ha lasciato i complicati rapporti delle fasi giovanili a favore di una consapevolezza adulta in cui i legami, la famiglia. Il canto di una sirena (immagine che la cantautrice, dopo Mediamente Isterica, va a recuperare) che guarda il suo mare, e parla a chi è in mare; un avviso ai naviganti, non per indurli in tentazione, ma per parlare di loro. E il pubblico accetta, accoglie, e applaude.