Giulio Casale: dal rock a Cechov L’INTERVISTA

Abbiamo intervistato il noto musicista e attore, a Mondovì per "Lampi" insieme alla compagnia "Stregatti", uno spettacolo che propone 4 atti unici di Anton Cechov. Una chiacchierata sullo spettacolo e su "Inexorable" il nuovo disco in uscita

Tutto è cominciato con gli Estra. La rock band veneta che negli anni ‘90 fece conoscere al pubblico il grande talento di Giulio Casale. Un artista a tutto tondo: cantante, musicista, autore e grande appassionato e conoscitore di letteratura e musica del Novecento. Il suo percorso si è evoluto negli anni, allargando sempre di più la prospettiva. Dalla canzone è passato alla poesia, alla canzone-teatro, nel segno di uno degli artisti che da sempre ama di più, Giorgio Gaber. Da qui al teatro puro il passo è naturale ma non certo breve. Dopo diversi spettacoli da solo e quelli, di grande successo, in duo con Andrea Scanzi, Casale ha deciso di prendere di petto il repertorio teatrale, affrontando uno dei grandi classici della letteratura teatrale: Anton Cechov. “Lampi”, al teatro “Baretti” nella serata del 10 gennaio a Mondovì per il cartellone organizzato dal Comune e dalla Fondazione Piemonte dal Vivo, è una sfida attoriale di peso, una prova importante nella carriera di questo grande artista. In contemporanea, Casale sta giocando un’altra partita: proprio l’11 gennaio infatti uscirà nei negozi del suo prossimo album di inediti da solista (non ha mai smesso di frequentare il mondo musicale: solo nel 2014 si è tenuta la reunion con i vecchi compagni di viaggio, per una nuova tournée della sua storica band). Raggiungiamo Giulio Casale sottraendolo per qualche minuto agli ultimi giorni di prove in vista del grande giro di spettacoli che lo attende, e che si aggiunge agli impegni teatrali con Cechov e la Compagnia degli Stregatti e con la sua versione dei “Polli d’allevamento” di Giorgio Gaber (con cui tornerà in Piemonte, a Vinovo, il 15 marzo). Passare da una sera all’altra dalla letteratura russa al Rock ‘n roll non è facile, ma quanto è divertente, come ci confida Giulio. Del resto nulla è casuale, in questo accostamento di titoli: c’è un fil rouge che attraversa tutta la sua espressione artistica, una bussola che lo aiuta a non smarrirsi. È il tema della rabbia. La rabbia per come ci siamo ridotti. Signore e signori, Giulio Casale:

«Con “Lampi” presentiamo quattro atti unici di Cechov, i testi più spassosi, ironici e dissacranti: “La domanda di matrimonio”, “I danni del tabacco”, “L’orso”, “Tragico controvoglia”. Sono incentrati sulla condizione familiare, sulla borghesia con tutte le sue contraddizioni e le sue ipocrisie. Il pubblico sta rispondendo bene, dimostra di apprezzare il linguaggio e il taglio ironico del drammaturgo, che va a tirare fuori questi nervi scoperti della società, che sono ancora attuali, ci riguardano. È anche una bella prova d’attore per me e per gli altri attori che sono con me in scena, Giusy Barone e Alberto Basaluzzo, che dobbiamo ogni sera entrare in quattro personaggi diversi in una sola serata. Difficile ma estremamente stimolante, il mestiere dell’attore vissuto allo stato puro, visto che, come richiesto dal regista Gianluca Ghnò, anche il cambio d’abito avviene in scena».

I tuoi precedenti lavori in teatro erano molto diversi nei temi, nel genere e negli autori di riferimento, come mai la scelta di affrontare un pezzo “classico” di prosa?

«Proprio perché non l’avevo mai fatto. Ero abituato ad esibirmi per lo più da solo, in spettacoli miei. È la prima volta che recito con una compagnia teatrale in questo tipo di proposta. Per me è una bella sfida, un’opportunità di crescita. Mi mancava una sfida puramente attoriale, e sono contento di affrontarla su testi caratterizzati da grande modernità. Non mancheranno le canzoni e i momenti musicali, comunque ».

Parlando della modernità di Cechov hai trattato dell’ipocrisia e della borghesia, due temi carissimi anche a Giorgio Gaber, l’artista a cui hai dedicato il tuo primo spettacolo teatrale

«È vero, infatti. In effetti tutti i miei lavori sono legati da un fil rouge, è uno dei temi a me più cari: la rabbia, per come abbiamo ridotto la nostra vita».

Per dirla alla Roger Waters “Is this the life we really want?” Qual è la risposta che dà Giulio Casale a questa domanda?

«Mi poni una domanda estremamente complessa. Se parliamo dell’attualità più stretta, ad esempio, direi che non mi piace, per citare due temi, questo sdoganamento della violenza verbale tra le persone, e la sostituzione, in ogni contesto possibile, del contenuto con gli slogan. Non mi riferisco solo alla politica. Noto che ormai è una costante».

Il tuo approccio alla scena è derivato esclusivamente dalla sua frequentazione o hai anche una formazione accademica?

«Entrambe le cose… Mi sono scoperto capace di farlo, e al contempo non sono digiuno da una cultura teatrale. A teatro sono sempre andato, anche da ragazzino, conosco i classici. La mia esperienza più puramente teatrale è cominciata con la pubblicazione del mio libro di poesie, a cui è seguita una serie di spettacoli, è partito tutto da lì».

Proprio il giorno dopo il tuo spettacolo monregalese uscirà il tuo nuovo lavoro discografico, “Inexorable”, cosa dobbiamo aspettarci?

«È un disco molto stratificato, dalle molteplici influenze. Si parte da un’impostazione cantautorale, ovviamente, ma non è cantautorato classico: gli arrangiamenti fondono la cultura rock e l’elettronica, un mix piuttosto interessante. Il tour partirà dal Veneto, proprio il giorno dopo lo spettacolo monregalese. Si comincia con Mussolente, vicino a Vicenza, e poi Verona, Piove di Sacco, Roma, Milano e così via».

Passare da Cechov al rock da una sera all’altra è una bella sfida

«Vero, è una bella fatica, ma è anche molto divertente».

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