Maturità/Non fate come me

Scrivendo “sulla maturità”, potrei citare Venditti o spaventare chi, tremebondo, si immagina davanti a un plotone d’esecuzione chiamato “commissione d’esame”. E invece niente perle di saggezza, solo due parole da chi è maturato in sessantesimi, ha visto nascere e morire la terza prova, ed è passato all’altra parte della barricata. Ripenso a quest’esame oscillando in modo un tantino schizofrenico tra la me “maturanda” e la me ormai “matura”. Correva l’ anno 1994, quando, il giorno della prima prova io mi obbligai a fare il tema di letteratura senza considerare le altre tracce. Il risultato fu che mi avventurai in un ginepraio sulla questione della lingua italiana, arrabattandomi tra il Latinorum di Don Abbondio e accenni a Marzo 1821, senza sufficienti informazioni sui saggi linguistici del Manzoni che era specifica richiesta commentare. Quella mia rigidità di pensiero (che fortunatamente negli anni si è ammorbidita) mi aveva spinta ad arrampicarmi sugli specchi anziché scegliere un argomento diverso. Non fate come me: prendetevi il tempo di scegliere la traccia che vi faccia scrivere con cognizione di causa, coesione e coerenza. E non trascurate la rilettura: errori ortografici o grammaticali non si giustificano, non più. La seconda prova è spesso lo scoglio più difficile, perché mette in campo competenze caratterizzanti la vostra formazione. Niente panico se a prima vista vi pare insormontabile; dimostrate di aver almeno provato a ragionare sulle soluzioni possibili. A me  pareva di avere un’infinità di tempo e ipotizzai diverse strade, tornando sui miei passi in modo spasmodico, finché ricopiai la bella in fretta e furia, in preda alla tachicardia. Non fate come me, gestite il tempo, senza fretta ma senza sprechi. Dopo gli scritti, piansi e vomitai parecchio figurandomi il peggiore dei destini. E così sprecai un sacco di energie. Non fate come me. Fortunatamente mi presentai all’orale un po’ meno disturbata, passando con disinvoltura da Pascoli a Rilke. E lì, ora lo posso dire, feci un figurone. Nell’ orale di oggi le tesine sono archiviate (onestamente, erano spesso una noia mortale). Il candidato sceglierà una tra 3 buste, contenente un documento che sarà spunto per sviluppare un percorso argomentativo o “nodo concettuale”. Aldilà dell’ironia che richiama in ballo Mike Bongiorno, lo scopo dell’incipit è verificare la capacità di una sintesi organica dei contenuti, superando una volta per tutte la dimensione “materia per materia”. Nel caso in cui lo spunto della busta non vi suggerisca un nodo “noto”, non affannatevi: cercate un’ alternativa evitando, va da sé, i silenzi prolungati. Certo, il documento che capita può fare la differenza; a seconda che siate un genio della chimica o un poeta, quel fattore X esiste, c’è poco da fare. Ma guardate in faccia i professori, e ricordate che a quelli come me non interessano i nozionismi sterili. Dimostratemi che siete diventati grandi e di non essere come me vent’anni fa. Anche se poi, tutto sommato, ne sono uscita bene.  

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