Thom Yorke a Barolo. Collisioni si chiude con il botto!

La TOP5 - Cosa è piaciuto e cosa ha convinto meno

Il live di Thom Yorke a Barolo ha concluso l'edizione 2019 di Collisioni: qualche riflessione sulla rassegna e sulla performance del frontman dei Radiohead

COLLISIONI. Generazioni a confronto

10 anni e 11 edizioni. Cifra tonda. A raccontare il tempo e scandire come questo passa tempi arriva il Collisioni Festival; dalla festa paesana, che noi piemontesi invidiavamo ai liguri più abili a reinventarne la tradizione, passando per la riqualificazione a Barolo che ha permesso di diventare ciò che è oggi, punto di riferimento inevitabile per la musica nel Piemonte e in tutto il nord-ovest del Paese. E come in questi 10 anni la nostra Italia è cambiata, e molto, anche Collisioni ha modificato la propria fisionomia di festival: quella che era almeno nelle prime edizioni di Novello un'occasione per uno “scambio di opinioni” (servendoci delle parole di Valerio Massimo Manfredi di domenica) su una serie di temi, con persone e personaggi che hanno un punto di vista privilegiato sul mondo o sulla società, si è evoluta in un intrattenimento più ampio e variegato. Alle opportunità di approfondimento (che, almeno domenica nell'edizione 2019, hanno avuto come protagonisti Saviano, Sgarbi e Travaglio) affiancate da momenti più leggeri in cui i Vip si raccontano, ha preso piede in modo sempre più strutturato ed organico l'elemento sonoro che da cornice si è fatto via via perno di tutta la programmazione sino a diventare vero e proprio traino della intera manifestazione: delle otto complessive, ben sei le date esclusivamente musicali. Non è un caso che oggi tutti i principali artisti della scena musicale italiana (pop e dintorni), dai più affermati agli emergenti, passino per le vie del borgo di Langa.

In questi 10 anni di festival è cambiata la fruizione delle proposte, le esigenze delle famiglie che la popolano, per non parlare dei temi. Dopo anni in cui si raccontavano spesso i problemi di un'Italia che non ingrana, la gente oggi pare chiedere leggerezza, e se gli interventi di personaggi di grido attraggono sempre l'attenzione delle persone è pur vero che l'unico soggetto a fare il pienone – con piazza strabordante per posti e spazio – è stato Roberto Saviano (almeno nella giornata della domenica), così come Sgarbi con un tema “alto”, come la pittura del '900, ha saputo catturare l'attenzione di una platea più che mai attenta.

Nella giornata di domenica il giornalista napoletano, così come il rispettivo alter ego – almeno della giornata di Barolo – Marco Travaglio, hanno cercato l'approfondimento (su temi diversi come l'immigrazione e le infrastrutture italiane) attraverso una modalità di dialogo con il pubblico assai diretta, che ha lasciato poco spazio alla creazione di un'opinione, ma che al contrario ha dato la sensazione di una comunicazione unidirezionale: esiste una sola ed unica verità. Molto più interessante, sotto questo punto di vista, la “lectio magistralis” di Sgarbi è soggetto che dimostra tutta la sua levatura culturale quando approfondisce i temi a lui più vicini, proponendo una lettura della pittura novecentesca meno convenzionale, guardando a quell'arte erroneamente considerata minore: platea in religioso silenzio e grande attenzione al percorso fatto dallo storico dell'arte su Ligabue, Balthus e Cremonini a Ferroni, Gnoli e Guccione. Si pensa e ci si intrattiene, si sorseggia vino e si ascoltano le peripezie artistiche di un Alessandro Cattelan, volto (ancora) nuovo della televisione e in grande ascesa con il suo late nite show, oppure si scoprono sfumature della vita artistica di Stefano Accorsi, dal “Two is megli che uàn” alle nuove sfide della cinematografia passando per la passione per la musica e il bolso Thor di Avengers – End Game.

Segni di un mondo che è cambiato e che cambia ancora, come gli artisti che salgono sul palco e il relativo pubblico, sempre più giovane e digitale, abituati a relazioni forse meno deistiche (vedi Mahmood), ma assai esclusive dove la “relazione” con l'artista ha un peso che travalica la canzone e l'emozione che questa porta con sé.

IL LIVE DI THOM YORKE. La serata conclusiva

Assai diversa invece la scena del paese di Langa nella sua serata conclusiva, in occasione della data di Thom Yorke. Trepidante attesa da parte del pubblico nelle vie del paese prima dell'inizio del set: dal cantante dei Radiohead ci si può aspettare qualunque cosa, al punto tale che questo elemento si può trasformare in un'arma a doppio taglio. E proprio per questo senza stare a raccontare nel dettaglio la scaletta del live, o quale brano è stato più convincente o coinvolgente dell'altro, vi raccontiamo le 5 cose che ci sono piaciute di più e quelle che ci sono piaciute meno.

Le Top5 del live Tomorrow Modern Boxes a Barolo

Le 5 cose che ci sono piaciute di meno

1) Scarsa corrispondenza tra luogo e live. Il problema non è Barolo, bensì la difficoltà, in qualunque contesto di proporre un live di musica elettronica come questo, fatto di visual, di luci, di suono e di vocalità: meglio calato in un contesto più piccolo e raccolto. Poca la gente rispetto allo spazio, troppa - e troppo rumorosa - rispetto al tipo di "sacralità" del live.

2) Pump up the volume. Le ultime cattive abitudini fanno sì che per una nobile ragione – non dare fastidio ai vicini e non rovinare l'udito al pubblico – si finisca con il sacrificare la necessità di ascoltare un concerto live con dei volumi accettabili, soprattutto che permettano a chi sta al centro della platea (ben più avanti del mixer) di ascoltare quello che viene fatto sul palco anziché le persone a fianco, con buona pace per chi viene disturbato per 10 giorni su 365.

3) NO al “pubblico della domenica”. Come anticipato nel precedente punto le cattive abitudini non vanno mai a spasso da sole: la fase di ascolto, in un live, pare essere diventata l'attività secondaria, rispetto alle mille altre che vanno dal fotografare la qualunque, riprendere 10 minuti ininterrotti di video (vai a sapere per cosa verrà utilizzato) o ancora contribuire alla creazione di un brusio di sottofondo sempre più fastidioso. Una volta chi voleva far caciara si posizionava in fondo, oggi accompagnare la canzone con il canto sarebbe ancora il male minore.

4) One Man Band. Thom Yorke non è una one man band e per quanto si sforzi dal punto di vista intellettivo per rendere l'impatto scenico meno evidente, il risultato finale lascia comunque qualche dubbio.

5) Elettronica, perchè non fa “live”? Questa domanda potrebbe essere parificata ai principi della termodinamica, ci sono, esistono, sono dei postulati, li studiamo, alcuni – forse – li abbiamo anche capiti, ma poi quando si tratta di passare alla dimostrazione pratica ci succede sempre di chiederci “Ma perchè?”. Ecco, la musica elettronica è difficile da rendere in live. È un dato di fatto, il rischio è, come in questo caso, che il live arrivi freddo, poco coinvolgente all'ascoltatore, e per quanto il risultato del live di Thom Yorke sia decisamente accettabile rispetto alla media, ma non lo rende – ahinoi – memorabile.

Ma se ci si limitasse a questi primi cinque punti si potrebbe pensare che non valeva la pena segire questo live, che sia stato tempo perso o, peggio, che non valga la pena ascoltare Thom Yorke in un live. Quanto di più falso. Il live di Thom Yorke è stato un bello spettacolo e qui di seguito vi raccontiamo perchè.

Le 5 cose che esaltano il voto su Thom Yorke a Barolo.

1) L'Artista. Thom Yorke è davvero bravo, un artista a tutto tondo anche se le parole possono sembrare aria fritta, anche quando si pensa alle scelte fatte sul materiale dei Radiohead diffuso per non incorrere in un ricatto o nella scelta di andare in combo con il regista Paul Thomas Anderson nel medio metraggio lanciato su Netflix. Le parole diventano più reali invece nel momento in cui si percepisce chiaramente durante il live che il performer sul palco cerca, con le canzoni e soprattutto attraverso l'intero impianto dello spettacolo, di portare lo spettatore su un'altra dimensione, a contatto con qualcosa che sia ben di più di un semplice intrattenimento. L'uomo si sublima attraverso le sue peculiarità artistiche e quanto mai questo elemento è autentico in un live del cantante inglese.

2) Elettronica 2.0 L'elettronica, per quanto sia uno dei generi più innovativi in questo nuovo millennio, mostra il fianco alle emozioni quando resta algida, fredda. Yorke per restituire al pubblico l'elemento emozionale, nonostante il numero risicato di persone che compongono la band (a suonare con Yorke sul palco è Nigel Godirch, produttore dei Radiohead e membro aggiunto della band), aggiunge alcuni elementi sonori della tradizione rock – un basso e una chitarra – e in questi momenti il ritmo più incalzante dei brani, così come la maggiore dinamicità, rendono il live assai godibile e coinvolgente.

3) W l'Immagine. Questo terzo millennio e l'era digitale hanno definitivamente e in modo totalizzante appurato la vittoria dell'arte visiva su tutte le altre. Non è un caso che l'elettronica che ha sempre cercato l'avanguardia artistica e la commistione delle stesse veda nei visual l'elemento più fecondo per integrare l'aspetto emozionale. Tarik Barri, sul palco insieme a Yorke e Godrich, proiettata dietro il palco giochi di colori e luce dall'effetto spettacolare. Riuscitissimo il binomio in live!

4) Anima: ottimo disco. A chi si aspettava un “remake” di Yorke sul live fatto qualche anno fa al Club2Club di Torino in cui il cantante dei Radiohead proponeva i lavori di Tomorrow Modern Boxes è stato disatteso perchè a poche settimane dall'avvio del tour europeo è stato lanciato il nuovo disco. ANIMA, per chi non lo avesse ancora sentito conferma quanto di buono fatto nel lavoro precedente, con il progetto Atoms for Peace (suonate Default e Amok) e proseguito poi nella colonna sonora di Suspiria (Has Ended in live). Il disco è bello, anche in live nonostante il poco tempo per tutti di digerirne l'ascolto prima della serata.

5) Divi e dei. Thom Yorke sa di non essere un divo e men che meno ci tiene ad esserlo, anche quando si presta ad un ballo alla “I can get no, satisfaction”. Forse un Dio?

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