«Non sono un’irresponsabile solo perchè volevo tornare a scuola»

«Pretendo rispetto. Rispetto per quella che sono ora e per l’adulta che sarò. Rispetto per ciò che mi è stato tolto e per ciò potrò guadagnare». Giorgia Fontana, studentessa 18enne del "Baruffi" di Ceva scrive un'accorata lettera alla giornalista Concita De Gregorio di "Repubblica"

Giorgia Fontana, 18 anni, studentessa del 5º anno al Liceo presso il "Baruffi di Ceva"

«Ho deciso di scrivere questa lettera dopo aver, più volte, sentito adulti prendere di mira giovani che esprimevano la loro volontà di ritornare sui banchi, definendoli irresponsabili riguardo alla situazione sanitaria. Non mi sono rivolta ad una persona in particolare, ma più in generale, ad una generazione che troppo spesso si dimentica di noi».

Comincia così la lettera di Giorgia Fontana, 18 anni, studentessa del 5º anno al Liceo presso il "Baruffi di Ceva", inviata alla giornalista Concita De Gregorio, la quale ha pubblicato il testo integrale nel suo seguitissimo blog. (LEGGI QUI)

Il testo è nato in seguito ad alcune riflessioni avviate durante le ore di storia e filosofia, ma anche come reazione ad alcune affermazioni che troppo spesso vengono pronunciate con leggerezza nei confronti dei giovani. Nel corso dell'ultima riunione di redazione del "24Ore Baruffi", il giornalino scolastico dell'Istituto, è nata l'ida di pubblicarla non solo sul giornalino ma inviarla anche alla giornalista di "Repubblica".

«A lei che mi dà della ragazzina viziata, a lei che mi chiama capricciosa, irresponsabile, solo perché rivendico il mio diritto ad avere una giusta educazione. Ecco, questa mia lettera è rivolta a lei – scrive Giorgia – . In questi mesi la mia generazione si è messa nei panni di tutti: degli operatori sanitari, che con coraggio hanno lottato rischiando la propria vita; dei nostri nonni soli nelle case di riposo; di chi ha perso una madre, un fratello, un figlio. Ci siamo immedesimati nei nostri genitori, che faticano ad arrivare a fine mese; nel vicino, che ancora una volta, non riuscirà a pagare la bolletta; nel pizzaiolo sotto casa, che chissà quando rialzerà la saracinesca. E vestendo tutti questi abiti abbiamo compreso le priorità, abbiamo scelto di essere responsabili, comportandoci nell’unico modo possibile, quello tracciato dal dovere. Ora chiedo a lei, leone da tastiera che si permette di definire “viziatello” un bambino che dedica la sua poesia alla maestra lontana; chiedo a lei, che definisce una bimba volenterosa “cresciuta a latte al plutonio”; chiedo a lei, che fino all’altro ieri ci considerava una generazione svogliata, imbevuta di sottocultura e maleducazione; chiedo a lei di mettersi nei miei panni. Le chiedo di immaginare di vivere la propria giovinezza in questa contemporaneità fuori dal tempo: si dimentichi delle partite a calcetto,  delle uscite con gli amici, degli abbracci, delle pacche sulle spalle, del bacio rubato. Magari rinunci anche alla festa dei diciotto anni, alla gita di classe, alla foto di gruppo, al viaggio di maturità (e perché no? all’esame di maturità stesso). Ah mi raccomando, non si azzardi a pensare all’intervallo, all’ultimo giorno di scuola, ai bigliettini e ai sorrisi ansiosi scambiati prima dell’interrogazione decisiva. Ecco, ora, dopo aver fatto piazza pulita, chiuda la porta di casa, indossi il pigiama e accenda il computer. Viva le sue giornate in una stanza di tre metri per tre (se è fortunato), mantenga alta l’attenzione durante 5 ore di lezione sonnecchiante e inizi a vedere i suoi amici solo distorti da uno schermo del cellulare. Allettante, vero? Ecco, questa è la vita di migliaia di bambini e adolescenti da circa un anno. Una normalità che non ha niente di normale, che diventa una quotidianità forzata, che prosciuga energia alle giovani menti del domani. Ma io non voglio essere una spettatrice passiva, non voglio trascinarmi appisolata in questa foschia di incertezze; io ho voglia di futuro. Non reclamo la mia vita precedente, sarebbe da completi irresponsabili; mi appello invece al diritto di venire riconosciuta e ascoltata. In mondo in cui un no-vax viene intervistato in un talk show;  in cui ci si laurea all’università del “qualunque”; in cui, troppo spesso, il diritto di parola si trasforma in dovere di vessazione; la gioventù viene zittita, sminuita, retrocessa. Io non indietreggio, avanzo e pretendo rispetto. Rispetto per quella che sono ora e per l’adulta che sarò. Rispetto per ciò che mi è stato tolto e per ciò potrò guadagnare. Rispetto per le mie intenzioni e i miei desideri, rispetto per l’oggi annebbiato e per il miraggio del domani, rispetto per la mia fame di vita».

«La lettera è struggente e tanto vera al tempo stesso – commenta la dirigente del "Baruffi" Mara Ferrero –. È bene che il comune sentire dei nostri giovani si diffonda».

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