Ford vs Ferrari: Le Mans ’66

Il film sulla celebre corsa francese nasconde la rivalità tra le due case automobilistiche, disposte a tutto pur di primeggiare, anche al sacrificio dei loro uomini migliori.

Il fatto storico: anni 60, grazie al fascino e alla pericolosità, la 24 ore di le Mans è la corsa più importante al mondo, i piloti sono disposti a mettere a repentaglio la loro vita e i costruttori si riducono sull’orlo della bancarotta per aggiudicarsela. La Ferrari, vincitrice delle ultime edizioni, è infatti in seria crisi economica proprio a causa delle spese per il reparto corse, ed è in cerca di un partner che la possa acquisire. Anche la Ford è in crisi, e per rilanciarsi decide di gettarsi nel mondo dell’automobilismo sportivo, confidando nella pubblicità che può offrire. 1963: l’accordo Ferrari-Ford sembra fatto, ma il patron Enzo non transige su un punto: l’indipendenza decisionale del reparto sportivo. L’accordo salta in maniera turbolenta, e la Ferrari sceglie la via nazionalista accordandosi con Agnelli e la Fiat. La Ford non manda giù lo smacco e decide di sfidare la Ferrari sulle piste, con una scuderia da creare da zero.

TRAMA
Ex pilota e trionfatore a Le Mans: Carroll Shelby è costretto per un problema cardiaco ad abbandonare le corse. Decide di adattarsi ad una nuova vita di produttore e venditore d’auto, fino a quando è contattato dalla Ford decisa a lanciarsi nel mondo delle gare automobilistiche. Il colosso è in crisi, e i vertici dell’azienda sperano di rilanciarlo grazie alla pubblicità che l’attività sportiva può generare. L’obbiettivo è la 24 ore di La Mans, la corsa più prestigiosa al mondo, ma da superare c’è l’imbattibile Ferrari, trionfatrice delle ultime edizioni. Tra i due costruttori scorre cattivo sangue, sia per l’accordo di fusione saltato, sia per le offese personali dirette da Enzo Ferrari a Henry Ford II. Il gap tra i due costruttori è notevole, e Shelby decide di attorniarsi da uomini di fiducia, tra cui Ken Miles: pilota della domenica e meccanico in bolletta. Secondo Shelby però, l’unico in grado di colmare il divario con le Ferrari.

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Cinema e motori, gioie e dolori. Nonostante l’automobile sia stata cospicuamente utilizzata già dagli albori, nei polizieschi e negli action movie, grazie  alla spettacolarità degli inseguimenti e delle evoluzioni al volante, la sua collocazione nel mondo delle corse al cinema non ha mai funzionato. L’automobilismo sportivo al cinema ha raggranellato solo un gran numero di flop: dal poco convincente “Driven” di Stallone al deludente “Giorni di tuono” di Tony Scott, passando per il confusionario “Speed Racer” dei Wachowski e da molte altre opere minori o poco credibili. A riuscire dove in precedenza anche Steve McQueen aveva fallito è Ron Howard con “Rush”: il biopic sulla storica rivalità Lauda-Hunt scatenatasi nella drammatica edizione del 1976 del mondiale di Formula 1. La pellicola uscita nel 2013, rappresenta assieme a “Grand Prix” di John Frankenheimer, la ristretta cerchia dei lavori riusciti. Al lavoro di Ron Howard va però il merito aggiunto di aver compiuto un deciso e grande passo in avanti, fornendo una base solida da cui è potuto sorgere “Le Mans ’66”. Ma non sono le innovative tecniche di ripresa o gli evoluti effetti speciali a fare la differenza rispetto a un tempo, bensì i modi di affrontare la storia: una narrazione che sposta l’accento sull’aspetto umano della vicenda, arricchendo conseguentemente il pathos di quello che avviene in piste. E’ in questa fase che torna comoda l’innovazione tecnica, ma non senza un accurato studio del contesto storico, atto a ricostruire il contorno scenico e a rendere funzionale la narrazione. C’è tantissimo di tutto questo nella pellicola di James Mangold, che poggia inoltre sullo spessore dei due interpreti Matt Damon e Christian Bale, e sulla forza di una storia lievemente romanzata ma comunque aderente.

L’uomo prima del motore ma dopo l’azienda, se il personaggio di Shelby rappresenta l’ingranaggio perfetto di un meccanismo che deve coniugare la grezza e pura dinamica del pilota con la fredda programmazione dei proprietari, sono le politiche aziendali a tessere le trame e i rapporti tra i personaggi. Proprio lo scontro tra Ferrari e Ford è al centro della vicenda, come confermato dal titolo originale (Ford vs Ferrari), che antepone ogni aspetto a quello umano. Ken Miles è la vittima sacrificale, nonostante sia l’unico in grado di “ascoltare” le automobili fino a metabolizzarle, troppo lontano dall’ideale di immagine dell’azienda, “Non è un uomo Ford” tuonano i vertici a cui interessa il pacchetto che il trionfo sportivo può dare, rispetto al suo reale significato. La contrapposizione Ferrari-Ford passa anche per questi aspetti, una guerra ideologica che rispetta la scelta del regista di parteggiare per il team americano, ma salvando la morale di quello italiano. E’ forte il contrasto tra le due parti, l’artigiano di provincia che ha creato un mito, grazie alla sete di competizione sfogata sugli autodromi, al colosso che stenta, e si cimenta nelle corse per non essere schiacciato dall’eredità del suo geniale fondatore. Un industria talmente importante ed estesa da aver contribuito in maniera decisa alla vittoria nel secondo conflitto mondiale, dominando il mercato dell’automobile fin dagli albori, ma ora umiliata per preferenza e appeal da una fabbrica tenuta in piedi da una manciata di dipendenti, capaci però di realizzare macchine da sogno. “Se fosse un concorso di bellezza avremmo già perso” commenta il team di Shelby, alla visione delle “rosse” al via a Le Mans, consapevole dell’incolmabile gap di fascino rispetto alla Ferrari ma non solo; anche la Jaguar legata al nome di James Bond, guida la pattuglia delle auto sportive che la prima generazione di americani nata dopo quella guerra che la Ford ha aiutato a vincere, ambirà a possedere, voltando le spalle così allo storico marchio statunitense. La passione per la corsa ha costretto il patron Enzo Ferrari a fondersi, per evitare il fallimento, con la Fiat degli Agnelli, dopo l’accordo mancato proprio per ragioni sportive con Henry Ford II, il cui rapporto inasprito sfocia in offese personali, che trovano terreno fertile negli atteggiamenti poco conformi alla vita d’autodromo dell’americano: “Questo viene alle corse di automobili in elicottero” polemizza ironicamente, poco prima conferire un onorevole “investitura” a Ken Miles, avversario di giornata meritevole di un’approvazione sentita e sincera anche se pur appena accennata. Il mancato accordo Ford-Ferrari viene parecchio romanzato, una ricostruzione più veritiera la ritroviamo nel film TV “Ferrari” del 2003, con protagonista Sergio Castellitto. Mentre tra quello che il mondo della letteratura, del fumetto, della musica e dell’arte ha saputo offrire sull’automobilismo, ci piace ricordare l’album “Automobili” di Lucio Dalla con i testi di Roversi. Un’opera capace con le sue atmosfere e le sue tematiche: dalla corsa al mezzo meccanico fino alle dinamiche aziendali, di accompagnarsi felicemente a questo film, in cui troviamo per giunta una breve citazione musicale, rappresentata del famosissimo coretto di “Nuvolari”, il brano più noto del disco, presente nella colonna sonora.

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